Quando sorge il diritto all’assegno divorzile?

E quale deve essere il suo ammontare?

Dopo circa trent’anni, cambiano i criteri che i giudici devono adottare nel valutare se, ed in quale misura, si debba riconoscere il diritto all’assegno divorzile.

La vecchia interpretazione dell’art. 5 della L. 898/1970 (c.d. Legge sul divorzio), basata sull’idea che l’importo dell’assegno eventualmente dovuto, dovesse garantire all’ex coniuge lo stesso tenore di vita di cui godeva in costanza di matrimonio, è stata negli anni oggetto di numerose critiche, poiché esponeva al rischio che si venissero a creare ingiustificate rendite di posizione.

Dal luglio 2017 i giudici hanno pertanto iniziato a negare il diritto all’assegno divorzile in tutte quelle occasioni in cui l’ex coniuge richiedente dovesse considerarsi economicamente autosufficiente.

Come facile immaginare, si è subito accesso un aspro e fervente dibattito tra gli addetti ai lavori, che ha condotto all’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 18287/2018), con cui è stata fatta finalmente chiarezza.

In tale occasione la Suprema Corte ha stabilito che, al fine di accertare se, ed eventualmente in quale entità, deve essere riconosciuto il diritto all’assegno divorzile, il giudice deve: a) comparare le condizioni economico-patrimoniali delle parti; b) qualora emerga l’inadeguatezza dei mezzi di una delle due parti, verificare rigorosamente le cause della situazione di difficoltà del richiedente, ed accertare che essa derivi da un sacrificio delle aspettative professionali e reddituali, fatto per fornire un contributo alla vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei due coniugi; 3) quantificare quindi l’importo dell’assegno in base all’entità del contributo fornito, svincolandosi dal pregresso tenore di vita.

Si tratta quindi di dare rilievo all’effettivo contributo alla vita familiare fornito dall’ex coniuge richiedente l’assegno, utilizzando criteri quali la durata del matrimonio, le potenzialità reddituali e l’età dell’avente diritto.

La Cassazione evidenzia come tale parametro sia maggiormente aderente ai principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà tra i coniugi, che caratterizzano l’unione matrimoniale, ma che devono essere rispettati anche una volta sciolto il vincolo.