E’ sostanzialmente pacifico in giurisprudenza – forse un po’ meno nella vita reale – che la sosta di automezzi nel cortile comune, che pregiudichi la transitabilità e/o l’utilizzo degli spazi, costituisca una violazione dell’art. 1102 c.c..

La norma citata prevede infatti che l’uso della cosa comune da parte del comproprietario sia sottoposto ad un doppio limite: primo non alterare la destinazione d’uso della cosa, secondo non impedire agli altri comproprietari di farne uso.

Ne consegue che l’occupazione – mediante parcheggio per lunghi periodi di tempo della propria autovettura – di una porzione del cortile condominiale, configura un abuso, poiché impedisce agli altri condomini di partecipare all’utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l’equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà (Cass. n. 3640/2004).

Se di fronte a queste definitive argomentazioni giuridiche, il condomino proseguirà nella propria condotta illegittima, magari sostenendo “ma si, l’ho lasciata cinque minuti, adesso la sposto”, non resterà che invocare un’altra decisione della Suprema Corte.

Con recente sentenza, la Corte di Cassazione ha infatti avuto modo di precisare che l’art. 1102 c.c., sull’uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante alla comunione, non pone alcun margine minimo di tempo e di spazio per l’operatività delle limitazioni del predetto uso, sicché può costituire abuso anche l’occupazione per pochi minuti di una porzione del cortile comune, ove comunque impedisca agli altri condomini di partecipare al godimento dello spazio oggetto di comproprietà (Cass. n. 7618/2019, riprendendo n. 3400/1978).

A questo punto il condomino (maleducato), non avrà più valide argomentazioni (giuridiche) da opporvi.